di Cinzia Tamburrello
I solenni riti della Settimana Santa prendevano avvio dalla solennità della Domenica delle Palme, con una ritualità che, in maniera diversa dalle altre liturgie, iniziava all’ aperto e prevedeva la partecipazione corale, quasi drammatica, dei fedeli. Le ricostruzioni fatte sulla base dei manoscritti beneventani, specialmente quella di Hesbert, hanno evidenziato che le cerimonie, almeno più anticamente, fossero officiate dal vescovo e si svolgessero solo nella chiesa cattedrale o major ecclesia, dopo la benedizione dell’acqua e la recita dell’ufficio, ci si recava in processione alla volta di una chiesa secondaria (e minore), dove dopo l’Orazione, e la lettura dal Libro dell’Esodo e del Vangelo, si procedeva alla benedizione ed alla distribuzione delle palme per poi muoversi, sempre processionalmente ed al canto delle acclamazioni e delle preghiere litaniche, alla volta della chiesa principale per la messa solenne. Come consegnato dall’antica tradizione il rito, si ripete ogni anno fedelmente con una processione dalla piazza Umberto I alla chiesa S. Giorgio martire di Petrella Tifernina, e fa presente, nella commemorazione dell’ingresso messianico a Gerusalemme, la glorificazione di Gesù il Re dei Re.
Tema della gloria riproposto dall’agnello crucifero scolpito nel capitello di destra di fronte all’altare della chiesa di san Giorgio martire a Petrella Tifernina, simbolo dalla doppia valenza dell’immolazione sacrificale e della glorificazione: “le quattro creature viventi e i ventiquattro anziani si prostrarono davanti all’Agnello, ciascuno con una cetra e delle coppe d’oro piene di profumi, che sono le preghiere dei santi. Essi cantavano un cantico nuovo, dicendo: « E vidi, e udii voci di molti angeli intorno al trono, alle creature viventi e agli anziani; e il loro numero era di miriadi di miriadi, e migliaia di migliaia. Essi dicevano a gran voce: «Degno è l’Agnello, che è stato immolato, di ricevere la potenza, le ricchezze, la sapienza, la forza, l’onore, la gloria e la lode». E tutte le creature che sono nel cielo, sulla terra, sotto la terra e nel mare, e tutte le cose che sono in essi, udii che dicevano: «A colui che siede sul trono, e all’Agnello, siano la lode, l’onore, la gloria e la potenza, nei secoli dei secoli». Le quattro creature viventi dicevano: «Amen!» E gli anziani si prostrarono e adorarono. (Apocalisse 5:8-14 ). Nel capitello l’agnello è in movimento con il capo volto indietro come preoccupato che una moltitudine lo segua ed entri con lui nella gloria. Segno della glorificazione è la corolla che circonda l’agnello e l’arcobaleno immagine della nuova alleanza che Dio stabilisce con il suo popolo. “Il brano biblico più famoso in cui si fa riferimento all’arcobaleno è il capitolo 9 del libro della Genesi, a conclusione della narrazione del diluvio: «Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutta alcuna carne (cioè ogni essere vivente, uomo o animale) dalle acque del diluvio, né il diluvio devasterà più la terra» (Gen 9,11). Nei successivi vv. 12-16 si insiste sul «segno» di quest’alleanza che è l’«arco sulle nubi», ovvero l’arcobaleno …. Nella spiegazione di tale sfondo, però, i commentatori si dividono. Alcuni prendono spunto dal fatto che in Gen 9,13.14.16 si parla sempre di «arco», usando nel testo ebraico il sostantivo qešet che di solito indica un’arma, e ritengono che il retroterra sia l’immagine di un Dio guerriero (la metafora del Signore che impugna l’arco si trova in alcuni passi dell’Antico Testamento, cfr. Sal 7,13-14; Lam 2,4; 3,12; Ab 3,9). In questo caso l’arcobaleno sarebbe appunto l’arma divina, che viene deposta per non essere più impugnata (da qui l’idea dell’arcobaleno come simbolo di pace), segnando la fine dell’intervento punitivo di Dio. In ogni caso l’autore biblico insiste piuttosto sulla sua funzione di «segno» ed è interessante notare che ciò valga soprattutto per Dio «Quando ammasserò le nubi sulla terra e apparirà l’arco sulle nubi, ricorderò la mia alleanza che è tra me e voi e ogni essere che vive in ogni carne, e non ci saranno più le acque per il diluvio, per distruggere ogni carne. L’arco sarà sulle nubi, e io lo guarderò per ricordare l’alleanza eterna tra Dio e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra».
L’agnello nella raggiera simbolo del sole e sull’arcobaleno si configura in un apparato simbolico che ritroviamo parimenti nella scrittura; “di tutto questo è segno l’arcobaleno forse proprio perché le condizioni atmosferiche che lo rendono possibile si presentano solo in determinate occasioni, quando la forza distruttiva della tempesta lascia spazio anche ai raggi del sole. Tale aspetto eccezionale e sorprendente dell’arcobaleno, e il fascino dei suoi colori, spiegano perché in altri passi dell’Antico Testamento esso sia associato allo «splendore» e, in quanto tale, divenga un’immagine della «gloria» divina. Nella visione inaugurale del libro di Ezechiele il profeta ha la percezione di una «figura dalle sembianze umane» (1,26) che «Era circondato da un splendore simile a quello dell’arcobaleno fra le nubi di un giorno di pioggia.» (1,27-28). In Sir 50,7 l’arcobaleno ritorna per descrivere non la «gloria» divina, ma quella del sommo sacerdote Simone durante la celebrazione del culto nel tempio di Gerusalemme: «Com’era glorioso quando si affacciava dal tempio, quando usciva dal santuario dietro il velo! Come astro mattutino in mezzo alle nubi, come la luna nei giorni in cui è piena, come sole sfolgorante sul tempio dell’Altissimo, come arcobaleno splendente fra nubi di gloria» (Sir 50,5-7). Nel Nuovo Testamento il brano del c. 1 di Ezechiele sta sullo sfondo della visione che inaugura la seconda parte del libro dell’Apocalisse: in essa al veggente (Giovanni) appare «uno seduto» sul trono con «un arcobaleno simile nell’aspetto a smeraldo» che «avvolgeva il trono». (Filippo Serafini docente di Sacra Scrittura, Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare, Roma Giugno 2015). Il capitello esprime dunque, come una trascrizione della parola di Dio, in tutta la sua eloquenza e attraverso una mirabile efficacia comunicativa, la pasqua nel segno dell’antica e della nuova alleanza, la vittoria della croce, la salvezza universale, il destino di gloria che in Cristo è riservato ai redenti.