di Cinzia Tamburrello
“Dono dei cittadini di Petrella Tifernina” è la dedica riportata nella parte inferiore dell’immagine di San Giorgio (fig. a destra) raffigurata nel meraviglioso mosaico (fig. a sinistra) di una vetrata dell’omonima chiesa di una cittadina newyorkese.
Il culto a S.Giorgio ha attraversato i secoli e le nazioni, essendo il cavaliere emblema della fede nell’accezione del combattimento del credente “la nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef. 6,12), e del difensor fidei “le porte degli inferi non prevarranno di essa (la chiesa)” (Mt. 16,18).
A Petrella la più antica rappresentazione di San Giorgio, il megalomartire, al quale è consacrata la chiesa, si trova in una formella posta sulla facciata laterale, esposta a sud sulla destra della porta d’ingresso. La posizione che attualmente può sembrare a latere, probabilmente è stata nella mente del costruttore dell’epoca, di particolare evidenza se si sgombra il campo da tutte le abitazioni posticce che attualmente occupano il sito, adombrandola. La raffigurazione presenta il santo nella foggia di un cavaliere bizantino che brandisce col braccio sinistro le redini del cavallo e con l’altro la lancia, nell’atto di colpire il drago – serpente il quale, fauci spalancate, giace ai piedi del cavallo rampante, la cui postura è in movimento e in assetto di attacco.
La devozione a S. Giorgio, ampiamente diffusa in alcuni comuni molisani: Campobasso, Mirabello Sannitico, Scapoli, Tavenna, Chiauci e Montecilfone, ha origini bizantine e risale al V VI sec. In epoca successiva grande impulso alla diffusione del culto a S. Giorgio, sembra che sia da attribuire ad Alezco gastaldo di Bojano nel 700, mentre dal punto di vista locale, sembra di più immediata evidenza far risalire l’introduzione a Zottone , che al tempo della dominazione longobarda si distingue come signore di Petrella rimanendo in carica dal 571 al 591, anno in cui a lui subentrò Arechi. La figura del duca, carismatica e accentratrice sia sul piano politico che religioso, è avvolta nel mistero tanto che Paolo Diacono documenta solamente che i signori di Petrella «preferivano vivere in un castello di una costruzione edificato nelle vicinanze di Petrella e successivamente denominato: Rocca Petrella ».
Per la sua diffusione del culto di S.Giorgio, si parlerebbe di vera e propria globalizzazione nonchè di linguaggi universali dell’arte e delle sue espressioni; per le innumerevoli rappresentazioni iconografiche si rimanda alla tesi Arch. Elena Desco dal titolo “San Giorgio – Iconografia, simbologia e diffusione del culto” al link: https://docs.google.com/gview?url=www.sangiorgiomartireonlus.com/wp-content/uploads/2018/03/tesi-san-giorgio-2.pdf.
In questa sede, volendo continuare un filone di attualizzazione dei temi e dei simboli della nostra tradizione religiosa, si cita l’importante scoperta avvenuta qualche settimana fa nella chiesa di San Giorgio a Schenectady-New York le cui vetrate raffiguranti il cavaliere portano la firma della comunità petrellese a New York . Il dono risale molto probabilmente al 1920 e rappresenta una traccia documentale importantissima della presenza piuttosto consistente della comunità petrellese a New York e dei legami con la terra d’origine mantenuti integri e tramandati fedelmente in una delle realtà più cosmopolite e multietniche .
Traccia documentale dei flussi migratori che ovviamente hanno riguardato anche la famosa e affascinante città statunitense, le vetrate sono una testimonianza del lungo e talvolta faticoso, processo di integrazione che i nostri padri hanno affrontato all’estero, in terre lontane e sconosciute dove sono approdati inseguendo il miraggio “di trovare strade lastricate d’oro e al contrario non abbiamo trovato neppure le strade, diventando noi stessi costruttori di strade” come racconta la commovente affermazione di uno dei protagonisti di quella storia.
Fenomeno migratorio che Antonio Di Lallo descrive così “Petrella che come abbiamo visto è sempre appartenuta al Contado di Molise, con l’unificazione dell’Italia si inserisce nel quadro nazionale partecipando, limitatamente alle sue possibilità a tutte le vicende della Patria. La sovrappopolazione della campagna, la decadenza della pastorizia, la inappagata fame di terra del contadino, l’aumentata pressione tributaria non bilanciata dall’esiguità dei salari, la condizione di emarginazione e di precarietà, dettano il doloroso fenomeno dell’emigrazione, che affacciatosi in sordina intorno al 1870, assume proporzioni di un vero e proprio esodo a partire dal 1880. Nel periodo 1881-1899 all’incirca novecento petrellesi abbandonano la loro terra! Il flusso migratorio si dirige in particolar modo verso gli Stati Uniti (New York) con frange in Argentina; totalmente ignorati i Paesi Europei” (tratto dal testo di ANTONIO DI LALLO d.O., Petrella Tifernina: di tutto un po’…attraverso le parole e le immagini, Editrice Lampo, Campobasso 1985).
Nel trascorrere delle vicende storiche e dei fenomeni socio-economici, ancora una volta i simboli della fede sono scrigno di tutta l’identità di un popolo, che nel loro segno si rinnova e si rafforza anche a chilometri di distanza, un senso di appartenenza che perdura e sopravvive sulla base proprio di quei simboli e di quelle credenze che rimangono vive nel cuore e nella memoria.